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La creatività, vissuta: un modello rappresentazionale di Sé

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Quando ci si confronta con il tema della creatività tutti i nostri sensi si accendono, quasi contemporaneamente come una danza che in maniera circolare ci invita ad entrare nella sua dimensione più intima, le nostre connessioni cerebrali si attivano e il nostro pensiero sensibilmente si dispone al movimento, dove poggia le radici tanta virtù…

Dove radica ed abita tale capacità cognitiva, nasce da una condizione innata o da un abilità appresa ???…. molti ricercatori si sono posti l’interrogativo giungendo quasi tutti, al concetto di componenti innate incrementate da caratteristiche proprie, incoraggiate dall’ambiente e sviluppate durante tutto l’arco della vita.

L’esigenza di creare è quindi insita in ogni individuo attiene alle sue radici al bisogno primario di realizzazione di Sé , agevolando la propria identità , le proprie aspettative essenziali, legate alla necessità di autorealizzarsi, l’individuo può contattare aree di piacere e di benessere necessarie e basilari.

Nella famosissima Piramide dei bisogni di Maslow , (1954) “L’uomo è considerato come una totalità dinamica e integrata, per cui il bisogno si riverbera sull’individuo nella sua globalità. Non esiste cioè un bisogno, come per esempio la fame, ma esiste un bisogno della persona nel suo complesso”. Secondo questo paradigma motivazionale dello sviluppo umano, tali necessità si collocano all’interno di una piramide, creando cosi un sistema gerarchico e la Creatività in quanto area di autorealizzazione si pone al vertice della scala.

Realizzare la propria identità in base ad aspettative e potenzialità, occupare un ruolo sociale, canalizzare competenze proprie, apprendere capacità tecniche ed utilizzarle, diventa risposta motivazionale, funzionale di un bisogno interno. La creatività è stata considerata lungamente, ed erroneamente, patrimonio esclusivo di pochi eletti, i cosiddetti “geni”, per fortuna tale prospettiva ha avuto dai fatti scientifici una relativizzazione ed è valutata ad oggi patrimonio generale di ogni individuo, per cui non più guizzo intellettivo, virtù, patologia, ma aspetto e caratteristica propria da sviluppare in misura differente.

Come già sostenuto si attribuisce erroneamente ai sintomi di alcune malattie della mente una produzione artistica elettiva, nulla di più mistificante. Il carattere dell’opera lo ritroviamo o nell’opera stessa, o nel processo creativo, non come alcuni sostengono, nelle condizioni umane che l’hanno precedute o determinate, in quanto l’atto creativo non è assolutamente un processo elettivo patologico. L’atto creativo è espressione vitale universale, è un esperienza intermedia che indiscutibilmente produce benessere.

Negli anni ’70, in una ricerca Paul Torrance comparò dei test di misurazione del quoziente di intelligenza (QI) e del talento creativo, i quali portarono alla conclusione che le persone creative possiedono un QI assolutamente nella media. I risultati scientifici rilevarono che entro un certo limite, a seconda della disciplina interessata, il quoziente intellettivo non è fondamentale nel sviluppare la creatività, esso è necessario ma non indispensabile. I vari paradigmi teorici della psicologia dinamica sostengono sostanzialmente che non esiste una definizione univoca del concetto di creatività; Sigmund Freud, dice apertamente che la psicoanalisi non può far nulla per chiarire l’essenza del dono artistico, né può spiegare i mezzi con i quali l’artista lavora, cioè la tecnica artistica, egli indagò le motivazioni della creatività mettendone in luce la componente inconscia e quella psicopatologica, per Freud è una risposta positiva a un desiderio inconscio infantile,

Di natura prevalentemente sessuale, che però non può essere accettabile e quindi viene sublimato attraverso i meccanismi di difesa. In modalità più raffinata ed ermetica Carl Gustav Jung sostiene che la creatività essendo un piacere è un energia psichica, ma non relativa solo alla sessualità.

La psiche è un insieme di sistemi di rappresentazioni carichi di energia e caratterizzati da una propria tonalità affettiva . L’ inconscio collettivo dove identificarsi diventa un contenitore necessario, una vera struttura psicologica di base, fatta di archetipi condivisi dall’intero genere umano.

Sono modelli innati, possono essere narrati in forma di Mito e l’individuo in maniera propria ci si può rispecchiare creativamente. Se pensiamo poi alla creatività come modello di funzionamento necessariamente, dobbiamo citare Winnicott, egli considera la creatività un area interna dello spazio transizionale, interposta tra la realtà soggettiva e quella oggettiva. La sostanza paradossale di questo territorio è la sua precarietà, giacché essa si situa lungo questa linea teorica che separa il soggettivo dall’oggettivo.

Dunque, ciò che è atto creativo non si pone al di fuori della realtà, ma piuttosto è un modo per essere nella realtà stessa è un mezzo e un modo per elaborarla. Citando le parole di Winnicott “è la percezione creativa più di ogni altra cosa che fa sì che l’individuo abbia l’impressione che la vita valga la pena di essere vissuta” e aggiunge “saremmo davvero infelici, se fossimo solo sani di mente” possiamo quindi serenamente sostenere che vivere in modo creativo è assolutamente un vantaggio, è una situazione di benessere sia fisico che psicologico. Anche le neuroscienze hanno riconsiderato le prospettive da cui partivano, ad oggi sostengono che il pensiero creativo non rappresenta una modalità diversa o separata di pensare, per cui non vi è un insieme specifico di regioni cerebrali coinvolte durante tale processo, piuttosto sembra produca un’attivazione ampia e diffusa (Dietrich, 2007).

Nonostante le ricerche sostenute non esiste una struttura o un area cerebrale che riguarda le basi neuroanatomiche della creatività, anche la divisione emisferica dx e sx appare oggi semplicistica, a fronte della complessità del sistema nervoso centrale e delle integrazioni di tutte sue le aeree. Tutto il sistema è implicato, ad esempio gli studi di neuroimaging che misurano gli aspetti funzionali del cervello, riportano una costante attivazione della corteccia prefrontale, ma anche in quella parietale ventrale e occipitale esse sono coinvolte in compiti di pensiero creativo e notevolmente attivate se stimolate.

Considerando quindi la creatività in ogni sua parte, capiamo bene quanto sia esigenza quotidiana l’evento creativo, quanto diventa per ognuno un linguaggio attraverso il quale comunicare parti di Sé. “… ciò che la mente presenta a se stessa in sostituzione di qualcosa (oggetto, persona o evento) percepita in precedenza, e che costituisce il risultato di un processo percettivo e cognitivo caratterizzato da una relazione più o meno diretta o elaborata con lo stimolo percepito”. L’esperienza creativa non la dobbiamo necessariamente considerare. esclusivamente come possibilità di realizzare chissà quale mirabolanti creazioni, perché ai fini del benessere non è il prodotto finale, che appaga il nostro bisogno, ma bensì, la nostra soddisfazione è nella trasformazione di cui ci rendiamo artefici, la consapevolezza di ciò che possiamo attivare, l’integrazione di tutte quelle parti essenziali che compongono le nostre abilità rendendoci unici e consapevoli di quanto preziosa sia questa incredibile esperienza di crescita in tutto il ciclo della nostra vita.

Dott.ssa Scilla Esposito – Neuropsicologia/Arteterapia Opera Frida kahlo “Radici”

Dott.ssa Scilla Esposito

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